IL TEATRO GIAPPONESE OGGI
Il teatro tradizionale giapponese (日本伝統芸能) è un’arte ricca e complessa, che affonda le sue radici in antiche credenze sciamaniche, musiche e danze ancestrali diffuse nell'Asia nord-orientale, legate principalmente a due principali religioni: lo shintoismo e il buddismo.
Un gruppo di giovani studenti di Kabuki a Damine © The Independent
Con il passare del tempo, queste danze persero il loro significato religioso per trasformarsi gradualmente in rappresentazioni mimate o parlate, abbandonando la loro ritualità, in quanto ormai parte del folklore nipponico, e arrivando ad attirare una grande attenzione negli artisti occidentali e del continente europeo.
Dalle sue origini fino ai giorni nostri, il teatro giapponese si è sviluppato in molte forme particolari e interessanti, ma quelle più famose e conosciute ancora oggi sono certamente tre: il kabuki, uno spettacolo drammatico per la classe media (se ne è parlato molto nel 2019 in un’originale campagna video di ANA All Nippon Airways), il nō, nel quale vengono usate maschere caratteristiche, il bunraku, ovvero il teatro delle marionette.
Una stampa dal teatro tradizionale Kabuki del XVIII secolo © Rex via The Independent
Il Kabuki - termine che letteralmente significa “essere fuori dall’ordinario” - è l’arte teatrale più diffusa nel paese del Sol Levante e ha origini che risalgono al XVII secolo, quando un gruppo di donne emarginate sotto la guida della sacerdotessa shionista Izumo no Okuni decise di danzare sulle rive del fiume Kamo, a Kyōto. La parola Kabuki, formata dagli ideogrammi 歌 ka (canto), 舞 bu (danza) e 伎 ki (abilità) deriva dal verbo kabuku, che stava ad indicare l’aspetto e il vestiario in voga durante il XVI secolo e caratteristico dei cosiddetti kabukimono, i samurai senza padrone servi dello shogun, capi delle spedizioni belliche.
Gli attori sono soliti spalmarsi una polvere di riso bianca dalla consistenza molto pastosa e densa sul viso e sul collo mentre su labbra e occhi applicano una pasta simile di colore rosso; il teatro in Giappone non è mai stato solo intrattenimento, ma era il luogo dove si creavano e lanciavano mode: parrucche e costumi sono tanto appariscenti quanto più è alto lo status sociale di chi li indossa.
Il trucco di una performer © @ibreadingroomasianedition
Esistono tre tipi di opere in questa forma teatrale: Jidai-mono, narrazioni a tema storico, di gesta leggendarie e fantastiche, Sewa-mono, con fatti di persone comuni ambientati nel mondo contemporaneo, Shosagoto, le opere di danza.
Le caratteristiche più importanti del teatro Kabuki sono la sua lunga durata (gli spettacoli a volte iniziavano la mattina per terminare nel tardo pomeriggio), la partecipazione del pubblico (per approvare gli atteggiamenti degli attori o esprimere il proprio stupore nei confronti delle dinamiche delle storie narrate) e la struttura del palco (in legno e decentrato verso destra, in favore di una passerella verso i camerini).
Una stampa che rappresenta un teatro tradizionale di fine Ottocento © XGAE2 @periodpaper
Nel teatro Nō o Nogaku (能, letteralmente "abilità") la musica diventa l’elemento fondamentale della rappresentazione ed è eseguita solo con strumenti a fiato e percussioni. I testi sono costruiti in modo da poter essere interpretati liberamente dallo spettatore e sono caratterizzati principalmente dalla lentezza, dalla loro grazia spartana e dall'uso di maschere caratteristiche.
Una performance teatrale in stile Nō © Alex Sinclair
Secondo il suo fondatore Zeami Motokiyo tutte le rappresentazioni Nō creano un ideale estetico chiamato yugen, uno spirito profondo e sottile e di hana, novità (principio che andrà poi successivamente a influenzare anche il Kabuki): il Nō rappresenta quindi la ricerca della bellezza nelle forme tipiche della cultura giapponese.
La rappresentazione ha luogo su un palco fatto di hinoki (cipresso giapponese), completamente vuoto e sprovvisto di allestimenti o scenografia, a parte il kagami-ita, un dipinto di un pino; in contrasto con il palcoscenico spoglio, i costumi sono estremamente ricchi e realizzati in broccato di seta. Al giorno d'oggi ci sono in Giappone circa 1500 attori professionisti di nō e la forma d'arte continua ad esistere grazie alle cinque scuole esistenti: Kanze, Hosho, Komparu, Kita e Kongo.
Il poster di uno spettacolo di Bunraku previsto per il 2020 al National Theatre di Tokyo © @ntj.jac.go.jp
Il teatro Bunraku (文楽) o Ningyō jōruri (人形浄瑠璃 letteralmente “puro cristallo” o "lapislazzuli") nasce intorno al XVI secolo, quando alcuni menestrelli si unirono a dei burattinai ambulanti per raccontare le loro storie. Strumento fondamentale per questa arte è appunto lo shamisen, un liuto a tre corde che crea la tessitura musicale dello spettacolo.
Il nome Bunraku fu adottato nel 1805, e deriva dal nome del famoso impresario Uemura Bunrakuken, che costruì il primo teatro permanente e fondò una compagnia stabile. Nel 1734 fu introdotto l’attuale sistema di far muovere le marionette da un gruppo di tre uomini: l’omo-zukai, il manovratore principale che indossa un elegante kimono da cerimonia (il kamishimo) ed opera a viso scoperto e i suoi due aiutanti (lo hidari-zukai e lo ashi-zukai), che sono vestiti di nero e hanno il volto coperto da un cappuccio.
Uno spettacolo di Bunraku in scena negli USA © Japan Society Boston
Una curiosità sul teatro tradizionale giapponese Bunraku? I marionettisti devono compiere un apprendistato lungo quasi trent’anni, specializzandosi per dieci anni in ognuna di queste tre posizioni: il risultato straordinario di questo lungo allenamento è che la marionetta pare prendere vita sotto gli occhi increduli degli spettatori.
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